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#giovedicascione: Memoria delle mie puttane tristi, G.G. Márquez

  • Immagine del redattore: Emanuela Colombo
    Emanuela Colombo
  • 15 apr 2021
  • Tempo di lettura: 4 min

Come ho annunciato tempo fa su Instagram, ho aggiunto una nuova rubrica per evitare pause lunghe tra una lettura e l'altra. Sono lenta, ma non volevo abbandonarti.

Perché #giovedicascione ?

Nel suo uso figurato, la parola cassone in italiano fa riferimento a qualcosa di vecchio (o dozzinale). In napoletano usiamo la parola cascione, appunto, con lo stesso scopo.

È dunque una sorta di #tbt ! Dovevo pur differenziarmi in qualche modo.

Usando questo # dunque parlerò dei libri che ho già letto in passato. Spero non ti dispiaccia!


Emanuela Colombo © 2021

Casa editrice: Mondadori

Anno di pubblicazione: 2005

Titolo originale: Memoria de mis putas tristes

Dove acquistarlo: Nella tua libreria fisica di fiducia. Se non ce l'hai, dai uno sguardo qui!


L'anno dei miei novant'anni decisi di regalarmi una notte d'amore folle con un'adolescente vergine. [...] Ignoravo la seduzione, e avevo sempre scelto a casaccio le fidanzate di una notte più per il prezzo che per le grazie, e facevamo un amore senza amore [...]. Quella notte scoprii il piacere inverosimile di contemplare il corpo di una donna addormentata senza le urgenze del desiderio o gli intralci del pudore.

Memoria delle mie puttane tristi arriva in un periodo in cui Márquez era il mio pensiero fisso: lo avevo odiato in Cent'anni di solitudine (libro a cui prima o poi darò una seconda possibilità), per poi amarlo in L'amore ai tempi del colera e in Dell'amore e altri demoni.

Questo più che un libro è un racconto, che si legge anche in un pomeriggio se si è in zona rossa e non si lavora.

E se proprio te lo stai chiedendo: no, non è una storia di pedofilia, bensì una narrazione ispirata al romanzo La casa delle belle addormentate di Yasunari Kawabata (1961), il cui tema principale è la repressione del desiderio.

 

Il protagonista della storia è un giornalista ormai attempato, chiamato da tutti "Professore" (perché ha insegnato latino e grammatica spagnola), che a novant'anni si ritiene fortunato a stare ancora in terra e fa i conti con la sua vita ormai andata. Non piacente di natura, ma affascinante; senza grandi virtù, ma nemmeno così male. Insomma: un uomo mediocre in una vita normale. Non ha mai viaggiato più di cinque volte nella sua vita e non è mai andato a letto con una donna senza pagarla. Quest'ultima cosa lo spingerà a tenere un diario di tutte le prostitute incontrate in vari bordelli. Fin quando non incontra l'Amore, a novant'anni - quando credeva ormai di crepare da solo - guardando una ragazzina esausta e impaurita dormire accanto a lui.

 

La narrazione è schietta e poetica come solo Márquez riesce a fare - a differenza a parer mio di Bukowski, che resta solo schietto e null'altro.

A chi me lo domanda rispondo sempre la verità: le puttane non mi hanno lasciato il tempo per sposarmi.

Ma Delgadina - questo il soprannome dato alla fanciulla, dato che non si sa il suo nome - è diversa. Il nome glielo dà il protagonista la prima notte, quando per calmarla in seguito al rifiuto di lei di aprire le gambe, gli canta "La Delgadina", una canzone popolare messicana.



Delgadina hijita mía yo te quiero para dama, dice una strofa della canzone: Delgadina, figlia mia, ti voglio come sposa.


Sono due le notti che passano assieme senza fare l'amore, ma solo guardandosi, dormendo e asciugandosi il sudore.

Tanto che, svegliandosi la mattina del secondo giorno, il Professore legge sullo specchio la frase scritta col rossetto: la tigre non mangia lontano. Che forse era solo nella sua mente, dato che si scoprirà nelle pagine successive che la ragazza non sa né leggere né scrivere.

Ed arrivato a casa non tardano nemmeno le lamentele delle padrona del bordello, Rosa, che non può credere a quello che è successo, di nuovo. «Dev'essere quella che i medici chiamano demenza senile» dice infatti prima di riagganciare il telefono.


Il Professore ha ormai la mente offuscata da quella ragazza che nemmeno conosce e la rivede ovunque, anche in casa sua, come ricordo vivo. Questo sentimento nuovo lo spinge a cambiare, ad essere un uomo diverso. C'è un pezzo che ti riporto che è veramente il fulcro di questo nuovo sentire del personaggio:

Mi domando come abbia potuto soccombere a questa vertigine perpetua che io stesso provocavo e temevo. Fluttuavo fra nuvole erratiche e parlavo con me stesso davanti allo specchio nella vana illusione di accertare chi ero. Erano tali i miei vaneggiamenti, che in una manifestazione studentesca con pietre e bottiglie, dovetti fare di necessità virtù per non mettermi alla testa con una scritta che consacrasse la mia verità: sono pazzo d'amore.

Col passare del tempo arreda la camera del bordello in modo diverso, insegna alla ragazza a leggere e scrivere, le fa un regalo per il suo quindicesimo compleanno, imparano a conoscersi.


Non ti racconterò tutta la storia, perché credo meriti di essere letta.

Voglio solo dirti che questo libro parla di Amore e di come non sia mai tardi per vederlo bussare alla porta; di un amore sincero, che ti riempie lo spirito e ti fa apprezzare gli ultimi anni di vita in modo migliore. E parla anche della consapevolezza di una vita mai vissuta per davvero, della vecchiaia, delle occasioni ormai perse.

È un libro delicato, che ti fa scattare un sorriso malinconico nonostante il suo vocabolario colorito ed alcune scene palesemente grottesche.


A me è piaciuto molto. Tu lo hai letto?

Parliamone!

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