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#giovedicascione: Il Maestro e Margherita, M. Bulgakov

  • Immagine del redattore: Emanuela Colombo
    Emanuela Colombo
  • 29 apr 2021
  • Tempo di lettura: 7 min

Emanuela Colombo © 2021

Casa editrice: Gruppo Editoriale L'Espresso

Anno di pubblicazione: 2002

Titolo originale: Мастер и Маргарита (Master i Margarita)

Dove acquistarlo: Nella tua libreria fisica di fiducia. Se non ce l'hai, dai uno sguardo qui!


 

ALERT: Questo libro è tutto un grande spoiler. Non vi svelerò il finale, ma sappiate che nel racconto potrei spoilerare molte cose

 

Non è semplice parlare di questo libro. Credo sia la trentesima volta che scrivo e cancello, quindi butterò i miei pensieri senza pensarci troppo.

Ho letto questo romanzo davvero tardi e cosa mi stavo perdendo! In realtà l'ho letto per un motivo ben preciso: dovevo andare a questo spettacolo teatrale (l'ultimo, ahimé, pre-pandemia) e dovevo assolutamente leggere l'opera principale.

Così ho rispolverato i libri de La Biblioteca di Repubblica sulle mensole, ho preso tra le mani il prescelto ed ho cominciato.


Come dicevo: non è semplice parlare di questo libro, soprattutto perché dovrei fare una enorme digressione sul periodo storico (Unione Sovietica e stalinismo) e sulla gestazione del romanzo. Dico gestazione perché è un libro postumo dell'autore, cominciato nel 1928 e ripreso in più momenti fino a poche settimane prima della sua morte, nel 1940. E dato che non è il mio campo - la storia non è proprio il mio forte, figurarsi quella russa - e non posso tenerti qui incollato allo schermo per una infinità di tempo, ti dirò solo che:

  • il contesto socio-politico è quello degli anni '20 in Unione Sovietica

  • la prima versione del romanzo verrà cestinata perché c'era troppa censura

  • la versione definitiva è ultimata da sua moglie nel 1941

  • appare sulla rivista Moskva - ovviamente censurata - tra novembre del 1966 e gennaio del 1967

  • una casa editrice tedesca nel 1967 finalmente pubblica la versione integrale del romanzo ed è quello l'anno in cui arriva anche in Italia

  • l'Unione Sovietica per l'opera integrale deve aspettare il 1973


Ripeto: non è semplice parlare di questo libro. Perché all'inizio ti trovi catapultata in questo mondo assurdamente reale, ma dopo un po' di pagine subito percepisci che ogni parola è stata scelta per un fine ed ogni immagine rimanda a qualcos'altro, mescolando storia, socio-politica contemporanea, religione, esoterismo, filosofia e chissà cos'altro.


La trama si sviluppa su tre storie, anche se non tutti i critici sono d'accordo, alcuni ne contano due; io preferisco la prima visione dei fatti.

La prima storia è quella di Woland (il Diavolo) e i suoi adepti Behemoth, Fagotto e Azazello. La seconda è quella che vede protagonisti i due personaggi del libro, ovvero il Maestro e Margherita. La terza storia è quella che fa capolino ogni tanto tra un capitolo e l'altro, ovvero quella di Ponzio Pilato.

Vi recupero una sintesi dalla quarta di copertina.

 

«Il diavolo, celato sotto il nome di Woland, arriva con la sua corte nella Mosca degli anni Venti, per affermare i valori del Male autentico, e quindi del Bene autentico, a fronte dell'ottusa sordità che alligna nella morta gora priva sia di valori che di disvalori cui è ridotta la società sovietica. Per farlo, sarà costretto ad aiutare il Maestro, rinchiuso in manicomio per aver scritto una vita di Ponzio Pilato in cui affermava che Gesù Cristo era realmente esistito. E nel frattempo costringerà la bellissima Margherita, che ama riamata il Maestro, a farsi strega e a guidare il gran Sabba, condizione ineludibile per ottenere la liberazione dell'amato.»

 

Detta così, sembra una romanzetto leggero. BEH, NO.

In un pomeriggetto solito agli stagni di Mosca, il presidente del MASSOLIT e il poeta Ivan discutono di argomenti leggeri: l'esistenza di Dio e la veridicità o meno storica di Gesù. Su quest'ultimo punto entra a gamba tesa Woland, che origliava passeggiando, e cerca proprio di convincerli che sì, Gesù è esistito, perché lo ha visto davvero; e che sì, Dio esiste, perché l'uomo non potrebbe mica condurre una esistenza così complessa senza un aiuto esterno.

"[...][E]cco il problema che mi turba: se Dio non esiste, allora, mi domando, cosa dirige la vita umana e in generale tutto l’ordine della terra?” “L’uomo stesso li dirige” si affrettò a rispondere Bezdomnyj irritato. “Chiedo scusa – replicò dolcemente lo sconosciuto – ma per dirigere bisogna per questo avere un piano preciso per un periodo di tempo almeno rispettabile. E come può dirigere l’uomo, se non soltanto gli manca la possibilità di fare un piano anche per un periodo di, poniamo mille anni, ma non può disporre neppure del proprio domani?"

Dopo varie cose, il Presidente si convince che lo straniero è solo un folle, esce dal parco e muore nel modo preciso in cui gli aveva annunciato Woland. Naturalmente il povero Ivan è sconvolto ed esce anche lui dal parco per denunciare il tutto, accennando ai poteri metafisici di questo straniero, ma le autorità lo ritengono folle e lo rinchiudono in un manicomio. Qui incontra uno scrittore, che irrompe nella sua stanza e gli racconta chi è: si definisce Maestro e non ha più un nome, divaga sull'amore verso una ragazza, della loro clandestina relazione, della stesura del suo romanzo su Ponzio Pilato e la sua distruzione nelle fiamme (cosa che si collega anche alla prima stesura dell'opera di Bulgakov, poiché lui stesso compie questo gesto). Ivan a sua volta gli racconta dell'accaduto al parco, soffermandosi proprio sulla storia di Pilato e dello straniero.

"Ma insomma, chi è?" chiese Ivan scuotendo i pugni con eccitazione "Lei non perderà la calma? Noi tutti qui dentro siamo gente infida..." "No, no!" esclamò Ivan. "Mi dica, chi è?" "Bene" rispose l'ospite, e disse in tono autorevole e staccando le parole: "Ieri, agli stagni Patriaršie, lei ha incontrato Satana."

Nel frattempo Woland e i suoi se la spassano nell'appartamento della buonanima di Berlioz, il presidente del MASSOLIT, e si fanno scritturare per presentare uno spettacolo di magia nera al Teatro di Varietà.

E accadde una cosa mai vista. Il gatto rizzò il pelo e miagolò in maniera straziante. Poi si raggomitolò a palla e, come una pantera, saltò dritto sul petto di Bengalskij e di qui gli saltò sulla testa. Emettendo gorgoglìi il gatto si afferrò con le zampe grassocce ai radi capelli del presentatore e urlando selvaggiamente, con due giri, strappò quella testa con tutto il collo. Duemila e cinquecento persone nel teatro urlarono all’unisono. Il sangue sprizzò a fontanella dalle arterie lacerate del collo verso l’alto e si riversò sullo sparato e sul frac. Il corpo senza testa assurdamente incespicò con le gambe e crollò al suolo. Nella sala si udirono grida isteriche di donne. Il gatto consegnò la testa a Fagotto, questi la sollevò per i capelli e la mostrò al pubblico e quella testa urlò disperatamente per tutto il teatro: «Un dottore!».

Questa è solo una delle cose che accadono, ma il pubblico non sembra propriamente disturbato. Dopo un iniziale sbalordimento, il giorno dopo sono tutti lì in fila per ricevere i doni di quello spettacolo (come soldi, scarpe, profumi etc.), per veder ancora teste volare o persone sparire. Qui naturalmente la critica è tutta alla società: avida, vanesia e crudele.

La prima storia, in questa prima parte del libro, ha unicamente questo scopo: distruggere l'equilibrio moscovita, creare scompiglio nella società e soprattutto negli animi umani. Woland è forse quello dell'epigrafe del libro? Ed è una critica celata a Stalin in quegli anni? Chi lo sa, sono solo supposizioni. Sta di fatto che è sicuramente «una parte di quella forza che eternamente vuole il Male ed eternamente compie il Bene».


Poi finalmente, nella seconda parte del libro, appare lei: Margherita, una trentenne dai capelli corvini e mossi. Quella mattina - le vicende, ti ricordo, si svolgono nell'arco di pochi giorni nel periodo pasquale - si era svegliata da uno strano sogno premonitore ed i suoi passi l'avevano portata al Teatro di Varietà. Per strada incontrerà non molto casualmente Azazello, che la inviterà a casa dello Straniero per la sera stessa, regalandogli un unguento magico da spalmarsi sul corpo con delle direttive specifiche.

Perché proprio lei? Perché ogni volta che il diavolo scende in terra, cerca come regina del Sabba una giovane di nome Margherita con delle caratteristiche specifiche, prima di tutto l'impavidità. E la Margherita di questo romanzo è perfetta.

Mi sono sempre chiesta il perché di Margherita. Forse per accostata alla Margaret del Faust (opera a cui Bulgakov rimanda in più e più occasioni)? Non lo so. Mi piacerebbe avere una tua opinione in merito.

Dallo specchio una donna ventenne coi capelli neri, ricciuta di natura, guardava la Margherita trentenne e rideva irrefrenabilmente, mostrando i denti [...] Adesso in lei, in tutto il suo essere, in ogni minima particella del suo corpo, ribolliva una gioia che essa sentiva come se ci fossero tante bollicine che le pungessero tutto il corpo. Margherita si sentì libera, libera da ogni cosa. Essa comprese inoltre con la massima chiarezza che era avvenuto per l'appunto ciò che quel mattino le diceva il suo presentimento e che essa avrebbe abbandonato per sempre la palazzina e la sua vita di prima.

In ogni caso, tra volteggi, balli, orge ed altro, arriva il momento clou della narrazione. Woland chiede a Margherita cosa voglia di più al mondo ed ovviamente lei ha solo una risposta nella mente: il Maestro. Woland accetta, baci e abbracci e il manoscritto bruciato di nuovo intonso tra le mani ,perché «i manoscritti non bruciano».


Parallelamente a questi fatti narrati, si sviluppa anche la storia del libro del Maestro, ovvero quella di Ponzio Pilato. Un uomo stanco, colpito perennemente dalle emicranie, che non sopporta il clima di Gerusalemme e vorrebbe solo andarsene via. L'incontro con Gesù, o meglio con Jeshua Hanozri, quasi peggiora la sua situazione interiore. Tra continui botta e risposta in modo pacifico e per nulla accusatorio (Pilato si rifà solo al volere del popolo) si affaccia un'altra importante figura: quella di Levi Matteo. Quest'ultimo, discepolo di Jeshua, vorrebbe morto il suo traditore, Giuda di Kiriat. Dopo varie vicende, alla fine di questa storia Pilato fa un richiesta a Levi Matteo, che è quella di raccontare la storia dell'uomo che ha fatto crocifiggere contro la sua volontà - e che gli ha guarito il mal di testa.


E via verso il finale, in cui tutte e tre le storie si intrecciano.

Naturalmente non ti dirò nulla su questa parte perché devi assolutamente leggere il libro. Ma voglio concludere con una frase che ad un tratto Woland pronuncia nei confronti di Levi Matteo, che mi ha fatto parecchio riflettere:

[...][C]he cosa farebbe il tuo bene, se non esistesse il male? E come apparirebbe la terra, se sparissero le ombre? Le ombre provengono dagli uomini e dalle cose. Ecco l’ombra della mia spada. E ci sono le ombre degli alberi e degli esseri viventi. Vuoi forse scorticare tutto il globo terrestre, portandogli via tutti gli alberi e tutto quanto c’è di vivo, per il tuo capriccio di vivere di nuda luce?

Così il libro non diventa una guerra eterna tra Bene e Male - forze che devono coesistere per l'Equilibrio - ma un grandissimo filosofeggiare sui poteri che governano il mondo, che sono solo due: la Verità e la Giustizia.

Ogni potere è violenza sull’uomo e verrà un tempo in cui non vi saranno né potere né Cesari né qualsiasi altra autorità. L’uomo giungerà al regno della verità e della giustizia, dove non occorrerà alcun potere.

Credo di aver detto fin troppo.

Fammi sapere tu cosa ne pensi! Qui o su Instragram. Ti aspetto!


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